martedì 25 febbraio 2014

Pillole. 10


Prima analisi. Un luogo per il Sacro.
Di fronte a uno spettacolo come uno di quelli di Antunes Filho, o di Kazhu Ono, o di Tadeusz Kantor, di Pina Bausch, di Peter Stein, per citarne alcuni, si ha l’impressione che un mistero ci circondi, qualcosa che non possiamo scorgere con i soli occhi del vedere. Sono sensi di meraviglia che sorgono da uno strato interno di noi stessi che sembrava perso, dimenticato, e di così remota ancestralità che ci assale. Per più semplice che sia la storia drammatizzata, elementi mitologici sorgono in essa per ricordarci della nostra condizione umana, mantenerci camminando e situarci nel mondo. Certe sensazioni non si giustificano come mere casualità di sviluppo di trama o disposizione dei corpi sulla scena, i sentimenti radicati nelle nostre cellule captano qualcosa che ci sconvolge per essere estremamente intimo, vol to alle origini – sia del nostro proprio fisico mortale, sia della grandezza incommensurabile dell’umanità.
Un cammino arduo si schiude all’artista che si avventura a seguire questo tipo di Visone di Mondo, complessa e profonda, portando il fare teatrale ad essere una “professione di fede” e il palco, un “luogo per il sacro”.
Non stiamo parlando di fanatismo, né di culto o setta, ma di lavorare nel campo della religione, nell’istante in cui poniamo il palco come spazio del re-ligare a ciò che di più intimo c’è agli esseri umani e che, allo stesso tempo, sta al di là, sopra, oltre noi. Non ci sono necessariamente pretese di questioni divine dichiarate, ma vuole arrivare all’essenza oscura da dove siamo nati, ritornare alle radici sotterranee della nostra specie, perché di li sorga nuovamente piena di conoscenza della sua esistenza.
Il divino qui è quindi inteso come la parte divina che c’è in noi, noi attori, noi spettatori, noi terapeuti, noi umani.
Per questi motivi, questo Metodo, fa uso di campi di conoscenza dispari e destituiti da qualsiasi connessione visibile. Beve nelle più diverse fonti dei drammaturghi creatori, passa per lo studio della fisica quantistica, la filosofia del Tao, sviluppa gli archetipi di Jung, gioca con le mitologie (dalle origini a Joseph Campbell e oltre), esplora molti lati della Biotransenergetica, la Psicologia Transpersonale, per dirne alcuni e soprattutto è fatta di molta tecnica, molto sogno e una continua, costante, autentica osservazione della realtà e i suoi diversi strati e manifestazioni. L’intento costante di fare di ciò che si rivela sul palco, la creazione di un mondo, per l’eterno ritorno dell’uomo a se stesso, uno specchio dove possa vedere la sua anima riflessa nelle tante anime che si uniscono dentro e fuori la scena. Si fa del palco teatrale un Cosmos, coscienti che dentro di noi ancora e sempre grida il Mito


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