Hierofania.
Il palco vuoto è il Caos. Luogo del non formato,
dell’avvenire, delle immanenze. La scena è uno spazio dove si attualizza
permanentemente il gesto mitico della creazione. E, cosi, ogni manifestazione
di teatro implica il ritorno al caos,
per mezzo di un rituale che religa
l’umanità agli ancestrali in illo tempore.
Per questo il nostro obiettivo nel teatro è la Hirofania, ovvero farne spazio della
manifestazione del sacro. Lo spazio teatrale, luogo dell’osservazione, è un
tempio, e il concetto di Hierofania è
riservato a quel modo di fare teatro che si occupa delle creazioni dello
spirito, quelle che hanno il potere di rivelare, in nuove forme, l’atto
primordiale della creazione. Frutto non di artisti creativi, ma di creatori,
capaci di dare esistenza a un mondo che intravede la realtà e in seguito torna
al caos. Il lavoro dell’artista creatore è intenso e il percorso è lungo, per
giungere ad attualizzare il teatro, attraverso la ri-attualizzazione dei gesti
primari, come Hierofania, come arte,
esprime la sua epoca per mezzi che stabiliscono ponti tra l’uomo e le divinità
recuperate dal pensiero arcaico.
Per questi, e altri motivi, come esposto nel
precedente numero de La Visione Sottile, quando parliamo di artisti, di attori,
parliamo di noi tutti e quando parliamo di Teatro, parliamo del palcoscenico
del mondo, della rappresentazione della Vita, e invitiamo qui a scoprirne le
connessioni, in questo meraviglioso e misterioso gioco di rivelazioni. Proponiamo di vedere il mondo tutto come Hierofania.
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