Da “Spunti
per una lettura transpersonale dell’opera teatrale” – Prima Parte di P. L.
Lattuada M. D., Ph. D.
L’esperienza
transpersonale in teatro.
Rivolgere l’attenzione al percorso evolutivo della
coscienza significa rivolgere l’attenzione dentro di noi, interiorizzare il
processo, riabilitare l’esperienza interiore, il grande dimenticato della
nostra cultura tecnologica nel bel mezzo dell’era informatica post-moderna. Operazione
che il teatro, con la sensibilità sufficiente, è chiamato a svolgere da
protagonista. Esperienza interiore significa, fermarsi, osservare, restare in
contatto, lasciare fluire, cogliere l’unità di tutte le cose, qualità che
l’attore sviluppa per dovere, ma che è chiamato a restituire per amore, amore
per Sé, per il teatro, per i propri simili. Lezione che egli apprende ogni
giorno nel gioco incessante delle parti, nel dialogo
partecipativo tra le varie sub-personalità che lo abitano, tra colui che giace
dietro le quinte e colui che presenta se stesso sul palcoscenico, colui che
mostrandosi si nega e travestendosi si mostra, colui che a volte crede al sogno
della rappresentazione, altre si sveglia e si riconosce fare sul serio, molto
sul serio. Colui che recita e ripete ciò che ha da imparare, che impara senza
lasciarlo vedere. Colui che: “lo spettacolo continua”, oltre se stesso, oltre
ogni sipario, oltre ogni dietro le quinte, che volge l’ansia in desio e la
timidezza in ostentazione, colui che recita su palcoscenico della vita, ciò che
ha appreso nel laboratorio della rappresentazione.
Lezione che nella vita ordinaria insegna il
superamento dei confini che ci separano, dell’individualismo che ci
contrappone, dell’importanza personale che ci rende schiavi dei bisogni
dell’Io, dell’identificazione emotiva, la peste
emozionale come la definiva W. Reich, che ci cronicizza sotto il giogo della storia
biografica. Atteggiamento che prefigura un individuo e una società ad alta
sinergia, cioè organismi che funzionino naturalmente e spontaneamente insieme,
distaccati dal proprio Ego, in armonia con il tutto. La sinergia, infatti, come ci ricorda Russel:
“non comporta alcuna coercizione o restrizione né è provocata da sforzo
deliberato. Ogni elemento individuale del sistema funziona in direzione dei
propri fini, e i fini stessi possono essere svariati. Eppure, gli elementi
funzionano in modo che sono spontaneamente di mutuo sostegno. Di conseguenza,
il conflitto intrinseco è scarso o nullo”.
Lezione che il teatrante conosce per professione e
alla quale aderisce per mestiere, pena l’insuccesso. Lezione, che portata nella
vita, si rivela in grado di favorire un salto nel nuovo modello evolutivo
individuale e sociale che conduce verso l’interno, verso quei territori del Sé
dove risiede l’essenza, la vera natura dell’essere che guarda con occhi animati
dalla coscienza dell’unità.
Così facendo l’esperienza teatrale si affianca all’esperienza interiore
fondata sulla meditazione e sulle antiche e moderne tecnologie del sacro,
all’esperienza transpersonale favorita dalle nuove psicoterapie integrali,
all’ispirazione poetica e alla creazione artistica, al volontariato sociale,
alle prassi ecosostenibili di varia natura, al consumo equo e solidale, in
rotta verso quella nuova rivoluzione che ci piace chiamare transpersonale. Una
rivoluzione della coscienza che sta conducendo l’umanità dall’esterno
all’interno, dall’individualità separata, alla parte illimitata, dalla
coscienza razionale che delimita i confini alla coscienza dell’unità che
sperimenta l’unione con il tutto, dalla diversità personale alla consapevolezza
dell’essenza, secondo un modello che non nega l’Io ma lo trascende e include in un contesto più ampio dove l’ego individuale
viene messo al suo posto, non al centro del nostro universo interiore, ma in
rotazione intorno alla pura essenza, al nostro centro unificante interiore.
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